Intervista per Solotablet.it

Un grazie a Carlo Mazzucchelli per avermi intervistato per Solotablet.it.

Ecco un estratto:

D: Buongiorno Ivo e grazie per avere concesso questa intervista a Solotablet. Il nome del dominio può ingannare ma nella realtà il portale offre da anni una riflessione sulla tecnologia e sui suoi effetti. Nell’introduzione del tuo libro Internet e l’io diviso anche tu sostieni l’importanza di passare da una semplice analisi di ciò che possiamo fare con la tecnologia a una riflessione attenta e critica sugli effetti che essa sta avendo su di noi. La riflessione non può essere banale e non può essere relegata alla contrapposizione tra tecnofobi e tecnofili. E’ una riflessione che sta portando però un numero crescente di studiosi a suggerire maggiore attenzione e sviluppo di pensiero critico soprattutto per il monopolio crescente di pochi produttori e l’uso che fanno di motori di ricerca, media sociali, cloud computing e Big Data, per la sostituzione strisciante ma continua di lavoratori umani con robot e macchine intelligenti, per l’imposizione di un modello economico nel quale pochi guadagnano e molti sono obbligati a offrire gratuitamente il loro lavoro e soprattutto per l’emergere di nuovi comportamenti diffusi che indicano una totale, e forse fatale,  fiducia nelle tecnologie e nei loro prodotti. Qual è la tua visione attuale e in quali direzioni andrebbe orientata oggi la riflessione sulla tecnologia?

R: Grazie Carlo per avermi dato l’opportunità di raccogliere alcune delle mie recenti riflessioni. Il dibattito sugli aspetti non prettamente tecnologici dalla rete si concentrano prevalentemente sulla privacy o sui temi comunicativi e sociali. Queste sono importanti aree di riflessione, ma ciò che spesso manca è l’attenzione verso gli aspetti psicologici, antropologici e direi anche spirituali, nel senso di evoluzione/involuzione della consapevolezza e delle qualità che ci rendono umani.

La tecnologia (forse) ci rende più informati e più comunicativi, ma ci rende anche più consapevoli, più creativi, più sensibili alla compassione? Ci rende più consapevoli di noi stessi? La consapevolezza di sé è elemento indispensabile per poter effettuare le scelte ed agire liberamente nel mondo. E’ quindi la tecnologia un ausilio o una barriera alla conoscenza di noi stessi? L’autoconoscenza richiede anche spazi di vuoto e di silenzio per consentire alla psiche di essere ascoltata. Il silenzio della mente è cosa rara ma senza riflessione e meditazione non possiamo uscire dal ciclo informativo infinito e dare spazio ai movimenti profondi della psiche.

La tecnologia sta provocando dei cambiamenti senza precedenti nel rapporto non solo con gli altri, ma anche in quello con noi stessi, portandoci ad essere sempre connessi. Questo è un fattore anti-meditativo che ci porta lontano da noi stessi e dal nostro corpo, luogo in cui si radica la presenza. Un team di psicologi l’anno scorso ha condotto un esperimento con centinaia di studenti, invitandoli a passare un periodo di alcuni minuti, da 6 a 15, in una stanza, soli con i propri pensieri (1).

La maggior parte degli studenti ebbero delle difficoltà. La cosa impressionante è che molti dei partecipanti trovarono l’esperienza talmente sgradevole da preferire lauto-amministrazione di una scossa elettrica che in precedenza avevano detto che avrebbero pagato per evitare.

Questo mi fa dire che nel momento in cui si ferma il flusso informativo, il disagio viene provocato da una parte dall’emergere del sommerso della psiche a cui non è stato dato spazio per lungo tempo, e dall’altra da una vera e propria crisi di astinenza. L’uso dei media con schermo provoca rilasci continui di dopamina in anticipazione dell’evento successiva, creando una condizione di dipendenza.

Poiché vi sono sempre meno interazioni faccia a faccia e sempre più messaggistica, i ragazzi stanno perdendo l’abilità di decodificare il linguaggio del corpo e le espressioni. Un esperimento ha rilevato che cinque giorni in un campeggio senza schermi migliora le abilità di comprensione dei segnali emotivi non verbali (2). Un gruppo di preadolescenti ha trascorso un tale periodo sabbatico senza accesso agli schermi.

Questi sono stati confrontati con un gruppo di controllo. Il gruppo senza schermi dopo tale esperienza ha notevolmente migliorato le capacità di intuire i messaggi emotivi non verbali. Questo studio conferma uno studio del 2012 di Clifford Nass che aveva rilevato che il multitasking danneggia lo sviluppo sociale/emozionale delle adolescenti, ma che l’interazione reale lo cura (3).

Anche in questo caso, la tecnologia ha sequestrato una tipica capacità umana, quella di intuire gli stati d’animo del prossimo. Dopodiché viene in soccorso offrendo un ulteriore prodotto. E’ stata sviluppata un’applicazione per Google Glass per analizzare le espressioni facciali e decodificare specifiche emozioni (4). Ufficialmente come supporto all’autismo, ma potenzialmente come un’altra stampella per la limitata consapevolezza nelle qualità essenziali dell’umano.

L’identificazione delle emozioni prende anche la strada dell’analisi dell’attività cerebrale. Tramite la risonanza magnetica e il machine learning è possibile valutare i segnali elettromagnetici del cervello in modo da distinguere le singole emozioni. Inoltre vi sono diverse aziende che identificano le emozioni tramite l’analisi dei segnali vocali.

Diverse tradizioni spirituali vedono nella pratica meditativa di osservazione consapevole dei pensieri e delle emozioni un ponte per l’evoluzione della consapevolezza stessa. Dal momento in cui questa attività viene esternalizzata nella tecnologia, ci priva di un canale per l’evoluzione.

Considero la ricerca della verità un bisogno fondamentale dell’essere. La ricerca del vero non è solamente un atto intellettuale, ma coinvolge il corpo nella sua interità. Decodificare le altrui emozioni, così come una serie di verità che apprendiamo quasi istintivamente, necessita di contatti autentici e intensi, che possono avvenire solo nei percorsi offline. Se mancano le basi primarie istintive nella discriminazione della verità, i politici hanno vita facile nella manipolazione del vero, come di fatto avviene. Ciò che più è preoccupante, l’amore per la verità stessa si indebolisce.

L’intervista completa a Solotablet.it

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